17 Ott Rinunce e transazioni nel rapporto di lavoro
Il lavoratore può rinunciare ai diritti attribuitogli da norme di legge o di CCNL, oppure a diritti pattuiti con il datore di lavoro nel proprio contratto individuale, purché tali diritti non derivino da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi. La rinuncia è un atto unilaterale e consiste nella manifestazione della volontà del lavoratore di non esercitare più un suo diritto. La transazione è invece un contratto con cui le parti pongono fine a una lite o ne prevengono l’insorgenza attraverso reciproche concessioni. I diritti oggetto di disposizione devono essere determinati o comunque determinabili, in caso contrario il lavoratore può agire in giudizio per far valere quei diritti che non possono essere considerati compresi. Il lavoratore, inoltre, deve essere pienamente consapevole del contenuto e dell’ampiezza dei diritti di cui intende disporre e deve essere pienamente convinto dell’intenzione di rinunciarvi, perciò tale volontà abdicativa deve risultare chiaramente dal testo dell’accordo non essendo sufficiente l’utilizzo di mere clausole di stile ampie e indeterminate. In caso di diritti indisponibili o di mancanza di consapevolezza da parte del lavoratore, la legge prevede che le rinunce e le transazioni possano essere impugnate, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, se la sottoscrizione è avvenuta in costanza di rapporto, o entro sei mesi dalla sottoscrizione, se successiva alla risoluzione del rapporto di lavoro. Se invece gli atti dispositivi sono conclusi in sedi protette individuate espressamente dalla legge sono validi e non impugnabili dal lavoratore. In questi casi, si parla di volontà assistita poiché il lavoratore, al momento della sottoscrizione, è affiancato da soggetti istituzionali che garantiscono la veridicità della volontà abdicativa e transattiva, evitando che il soggetto assistito possa subire pressioni da parte dal datore di lavoro. Non si applica pertanto la disciplina prevista dal codice civile (art. 2113) alle rinunce e transazioni stipulata davanti al giudice, alla commissione conciliativa istituita presso la Direzione Territoriale del Lavoro, agli organismi di certificazione del rapporto di lavoro, ai collegi di conciliazione e arbitrato irrituale. In particolare, se la rinuncia o la transazione è stata sottoposta alla procedura di certificazione prima di agire in giudizio il lavoratore deve rivolgersi obbligatoriamente all’organismo che ha adottato l’atto di certificazione. Attenzione però! Nell’ambito delle norme inderogabili sono state distinte quelle produttive di diritti assolutamente indisponibili come il diritto alla retribuzione nella misura minima prevista dalla contrattazione collettiva o il diritto alla salute o al riposo settimanale e quelle produttive di diritti relativamente indisponibili come il diritto al risarcimento danni o all’indennità in seguito alla mancata fruizione delle ferie. Nella prima ipotesi, il lavoratore non potrà in nessun caso rinunciare a quel diritto, mentre nel secondo gli atti dispositivi considerati saranno annullabili solo se impugnati entro il termine di decadenza semestrale sancito dall’art. 2113.
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